Cenni storici

Vienna, inizio secolo. La culla dell’impero continua a catalizzare spinte culturali e creative anche mentre ha chiaramente superato il suo apice e non si accorge che la grande guerra è alle porte. Il giovane Jacob Levi Moreno mette insieme il suo primo pubblico infantile al Prater e partecipa ad intervistare le prostitute di Am Spittelberg, spinto dal desiderio profondo di ergersi a difensore dei più deboli.

Freud e Moreno

Nella stessa città il dottor Freud stava già da tempo ottenendo successo con la sua psicoanalisi, con cui, insieme ai vari Mesmer, Bernheim, Charcot, Jung, Adler eccetera, stava rivoluzionando il mondo della psichiatria. Moreno lo incontra da studente, ma pare che questo gli serva soprattutto per affermare la propria autonomia con il piglio oppositivo dell’adolescente. In ogni caso è vero che il loro modo di fare psicoterapia sarà completamente diverso.

Uno nella riservatezza dello studio privato e in un rapporto duale, l’altro sul palcoscenico e nel gruppo. Uno che annulla l’importanza del corpo nel setting e ne allontana il contatto, l’altro che esalta i ruoli e l’incontro tra persone. Uno che analizza l’effetto delle fantasie e sfrutta la tensione del desiderio, l’altro che mette in scena personaggi in carne ed ossa e li chiama all’azione. Ognuno, seguendo la propria possibilità di avere successo, contribuisce alla grande rivoluzione umanistica che porta alla diffusione della psicoterapia, ma viene sollevato un problema: perché il primo ha scelto di usare il setting individuale e il secondo quello di gruppo?

Ammette sinceramente Freud: “Devo dichiarare che questa tecnica è risultata essere l’unico metodo adatto alla mia individualità. Non oso negare che un terapeuta con delle caratteristiche diverse possa sentirsi spinto ad adottare un atteggiamento diverso nei confronti dei suoi pazienti e del compito che si propone” (Collected Papers, vol II, pag. 323). Moreno aggiungerà, con minor delicatezza: “ma il problema resta quello di stabilire se fosse il miglior metodo per i suoi pazienti.” (Moreno, ibid, pag.78). Tutto questo, però, vari anni dopo e riferito a Freud invece che anche a se stesso.

La deduzione che si trarrebbe da questi due esempi sarebbe che anche la personalità dell’analista incide sulla scelta del setting, che ci sia chi riesce bene con l’individuale e chi invece riesce bene col gruppo. Ma va considerato che Freud non conosceva la terapia di gruppo e Moreno non conosceva quella individuale. Eravamo semplicemente all’inizio o c’erano due esigenze personali diverse? Rapaggi affronta l’argomento più diffusamente in “Per una teoria di Personalità” e arriva alla conclusione della scelta del setting sulla base dell’introversione acquisita, ma intanto va rilevata l’importanza di avere una preparazione su entrambi i setting, in modo da riuscire a fare una scelta responsabile.

Gli agganci col teatro d’avanguardia

All’inizio, nel ‘920-30, il teatro dello psicodramma era sembrato al dr. Moreno la soluzione più accattivante e convincente per farsi largo tra la semplice diffidenza e varie forme di opposizione alla psicologia d’avanguardia, entrambe forti soprattutto nell’Europa che non aveva ancora digerito la ventata innovatrice della psicoanalisi. E mentre Vienna si presentava come il centro di questa innovazione, nella vicina Russia il grande attore Stanislavski si stava creando un seguito nel mondo teatrale europeo con il suo metodo di preparazione basato sulla spontaneità interiore. Moreno riconoscerà in lui un suo precursore, dunque vale la pena dedicargli una riflessione.

Gli attori d’avanguardia e di ricerca, come altri artisti, avevano moltiplicato la loro presenza e la loro forza nella crisi dell’impero e nel dopo guerra. Rispecchiavano il desiderio di gettarsi alle spalle gli errori della generazione che aveva portato alla disfatta, ma rappresentavano anche la ribellione verso un passato castrante e pietrificato. Un esempio era il teatro che Diderot glorificava, in cui l’attore doveva essere freddo, solamente tecnico. con l’attenzione al successo sul pubblico e all’applauso, insensibile messaggero del testo che gli era dato da recitare, La rigidità di questa maschera richiamava, e ancor oggi richiama, la rigidità che Moreno, e Reich prima di lui, vedeva nello stato psicopatologico: il contrario della spontaneità per uno, il blocco della sessualità per l’altro.

Stanislavski, con la sensibilità caratteristica dell’artista, e il desiderio di verità più tipico dello psicodrammatista, la chiama stato scenico e la definisce contro natura, sia dal punto di vista fisico che da quello morale. Egli trova incredibile che si chieda all’attore di manifestare sulla scena quel che non sente. È un punto di vista che non tiene in gran conto il risultato tecnico della rappresentazione, che forse non si cura troppo dell’applauso del pubblico, ma si preoccupa che vengano comunicate emozioni vere e sentite.

È un tentativo, improbabile anzi impossibile, contraddittorio ma pur sempre coraggioso, di avvicinare il pubblico alle emozioni di chi sta sulla scena e propone un testo. Quest’ultimo dettaglio è determinante come differenza. In ogni caso Stanislavski insiste nel definire la differenza che preme a lui, tra “stato scenico” (quello del teatro classico) e “stato creatore” “Questo stato viene ai geni, quasi sempre in modo spontaneo.” La sua opinione è che tutti gli artisti siano capaci di giungere allo stato creatore, essendo frutto della spontaneità, e che per trovarlo sia sufficiente “preparare il terreno propizio”. Le sue parole sembrano davvero quelle di uno psicoterapeuta, soprattutto quando parla di necessità “di percorrere in senso contrario il cammino che porta un individuo a costruire sistemi di difesa sovrapposti, ridondanti e inibenti”. Soltanto che sono ingannevoli perché non considerano il confine tra due stati della persona e soprattutto i due diversi obiettivi, quello del teatro e quello della psicoterapia. Egli guarda dalla parte di Diderot e non considera Freud. Considera solo l’esibizione e non la psicopatologia.

I distinguo tra teatro e psicodramma

Moreno ha finalmente sottolineato la differenza tra teatro e psicodramma quando ha introdotto i termini “mimesi e antimimesi”, dove mimesi è l’imitazione artificiale di qualcosa di reale. Allora assumono importanza i diversi obiettivi. Nonostante le intenzioni e gli sforzi di Stanislavski, il teatro resta una recita creata ad artificio, quasi sempre su testi di altri e con una regia direttiva, finalizzata all’applauso del pubblico. Allo stesso modo, una simulazione resta una finta. La giusta intuizione del regista innovatore è servita perché ha permesso all’attore di portare sulla scena stati d’animo che facilitano la partecipazione emotiva del pubblico, ma niente di più e di diverso. D’altronde non poteva fare altro, perché né l’attore, né tanto meno il pubblico, desiderano cambiare i loro obiettivi, annullare i loro ruoli e la distanza che li distingue.

Ma lo psicodramma è altra cosa, perché:

  • ha una finalità psicoterapeutica;
  • le correnti affettive presenti vengono scoperte, analizzate e rielaborate prima, durante dopo l’azione;
  • il regista è a disposizione del protagonista, e non viceversa;
  • l’unico testo possibile è il racconto spontaneo, il materiale conscio e inconscio fornito dal protagonista;
  • è un ambito psicoterapeutico, quindi protetto da una patto di assoluta discrezione, i cui contenuti non possono essere rivelati all’esterno.

L’attività si espande dagli Stati Uniti

Nel 1925 Moreno emigra negli Stati Uniti, dove il suo lavoro diventa sempre più chiaramente improntato alla psicoterapia di gruppo, come dimostrano le sue iniziative, tra cui:

  • fonda la “Society of Psychodrama and Group Psychotherapy” (rinominata nel 1951 “American Society of Group Psychoterapy and Psychodrama”), è il 1942;
  • diviene membro dell'”American Psychiatric Association” (1945);
  • fonda la rivista Journal of Group and inter Group Therapy (attualmente pubblicata come Journal of Group Psychoterapy) (1947);
  • organizza il primo Comitato Internazionale di Psicoterapia di gruppo e tre anni dopo il primo Congresso Internazionale di Psicoterapia di gruppo (1954);
  • partecipa alla creazione dell’International Council of Psychotherapy, di cui diviene il primo presidente, con S.H. Foulkes e S. Lebovici vicepresidenti (1957). Infine è tra i fondatori dell’International Association of Group Psychoterapy (1973).

Torna l’influenza della psicoanalisi

Nascere quasi quarant’anni dopo Freud, e respirare l’aria della stessa città per quasi tutto il periodo della sua formazione, ha influito su Moreno più di quanto normalmente si ammetta ed egli stesso non dica. Nel secondo volume del Manuale di Psicodramma, pubblicato in Italia col titolo di “Gli Spazi dello Psicodramma” (Roma, 1996), il lettore ne ha la prova chiara. Il volume è una discussione a distanza tra l’autore, diciassette psichiatri, dieci psicologi, due teologi e sei sociologici. Tutti questi rispondono ad una relazione ricevuta sui temi centrali della psicoterapia e della psicoterapia di gruppo: spontaneità e creatività, origini e funzioni dell’inconscio, transfert, controtransfert e tele, setting, rappresentazione ed acting-out, le origini dell’ansia, l’inversione di ruolo, fino al confronto palese tra psicoanalisi e psicodramma. Un confronto che, tra molte critiche e diverse dichiarazioni di stima, rivela il legame tra le due teorie. Siamo agli inizi degli anni 50 e i personaggi che partecipano alla discussione sono: N.W. Acherman, F. Alexander, G.W. All, H.L. Ansbacher, R. Bain, C. Beukenkamp, R.R. Blake, M. Boss, W. Bromberg, J.M Buttler, L.S. Cholden, R.J. Corsini, R. Dreikurs, W Eliansberg, F.F. Reichmann, M.Grotjan, R. James, P. Johnson, R. Katz, J Kolaia, S. Lebovici, E.A. Loomis, J.H. Masserman, J. Nehnevajsa, M.L. Nothway, F: Potts, P. Renouvier, W.L. Smith, P.A. Sorokin, S.W. Standal, J.W. Turner, W.J. Warner, J.B. Wheelwrigt, I. Ziferstein.

Da queste discussioni, che finalmente danno uno spessore teorico al lavoro di Moreno, emerge chiara la sua propensione verso una psicoterapia che riconosca l’importanza dell’inconscio sulle azioni umane e la sua rielaborazione attraverso l’azione psicoterapeutica di gruppo, attuata con lo psicodramma. Su queste basi l’innesto della teoria e della prassi psicoanalitica è diventato più semplice, un po’ come l’interpretazione del linguaggio psicosomatico, e abbastanza semplice anche l’integrazione tra spontaneità e liberazione della sessualità nell’espressione corporea.

Ancora una volta la pretesa di chi vuole fermarsi all’ortodossia è fuori posto: dopo questo lavoro collettivo lo psicodramma non appartiene più solo ai Moreno, ma spazia in tutto il campo della psicoterapia che cerca di rinnovarsi e di avanzare.