E’ questo il terzo pezzo dell’articolo che riassume l’opera di Winnicott. L’idea di oggetto transizionale, primo passo per la conoscenza e il controllo dello spazio esterno alla madre, è particolarmente utile nello psicodramma “giocato” con la modalità psicoanalitica. Lo psicodramma analitico infatti è un gioco in cui i ruoli assumono l’importanza del soggetto, dell’oggetto e della relazione tra essi a seconda delle associazioni del protagonista, e che questi può rivivere in modi differenti da quelli che gli hanno provocato sofferenze intollerabili o conflitti squilibranti e che può rielaborare con gli strumenti emotivi e cognitivi della condizione adulta.
Alfredo Rapaggi
Per emanciparsi dalla condizione di dipendenza assoluta e avviarsi allo stadio di dipendenza relativa, per compiere il suo viaggio dalla soggettività all’oggettività, il bambino si serve dei cosiddetti oggetti transizionali, che rappresentano per lui la transizione dalla fusione con la madre all’essere in rapporto con lei come oggetto separato e intero. Il primo oggetto non-me che il bambino possiede è una difesa contro l’angoscia, e si colloca nella zona d’illusione proprio perché i confini fra il me del bambino e il non-me dell’oggetto sono labili ed esso è indicatore del fatto che è iniziata una relazione con il mondo esterno. Non è l’unico indicatore del passaggio alle relazioni con l’esterno, ma è sicuramente il più facilmente osservabile fra i fenomeni transizionali. I fenomeni transizionali si trovano in uno spazio potenziale fra il bambino e la madre; questo spazio è un’area intermedia fra dimensione soggettiva ed oggettiva, resa possibile dalla “bontà” delle cure materne.
Sempre nella cosiddetta zona di illusione acquista particolare importanza il gioco, che accompagna il bambino verso la capacità di interagire con il mondo portandovi il suo contributo. Le qualità che emergono e vengono potenziate dalla zona di illusione sono quelle che determineranno la capacità creativa dell’uomo adulto, e la possibilità di portarla nel mondo.
Anche nella sua definizione di trauma psichico, è fondamentale per Winnicott il panorama relazionale. Il trauma è generato da eccessive stimolazioni ambientali, che intervengono quando ancora il lattante non ha sviluppato i meccanismi che rendono prevedibile l’imprevedibile. Anche la psicosi origina da un mancato adattamento all’ambiente nello stadio della dipendenza assoluta, è una “malattia da carenza ambientale”, una difesa del Sé verso il trauma e l’angoscia, sperimentata quando l’ambiente si è dimostrato senza risorse in grado di compensare i bisogni del bambino.
La carenza ambientale nelle fasi precoci dello sviluppo, nello stadio della dipendenza assoluta, può originare non solo la psicosi, ma anche il “falso Sé”. La madre sufficientemente buona va incontro alla fase di onnipotenza del lattante dandole un senso ripetutamente, favorendo la nascita del vero Sé grazie alla forza che riesce a dare all’Io debole del bambino tramite l’adempimento delle sue espressioni onnipotenti. La madre che, al contrario, non riesce a realizzare l’onnipotenza del lattante sostituisce al gesto onnipotente del figlio un suo gesto, che il figlio dovrà accettare. Questo è il primo stadio del falso Sé (che ha diversi gradi di gravità). Il bambino acquisisce un insieme di relazioni false, facendo sembiante che sia reale, rischiando di crescere a immagine e somiglianza della madre o della figura principale di riferimento.
Quando il bambino si avvia allo stadio di dipendenza relativa (momento che può essere paragonato al passaggio freudiano dal principio di piacere al principio di realtà), comincia a essere sempre più consapevole del bisogno che ha delle cure materne, per questo diventando alle volte quasi feroce nel suo ricercarle. Verso i due anni comincia a essere in grado di sopportarne la perdita, iniziando contemporaneamente a intessere relazioni con altre persone che si possono prendere cura di lui. Nel momento in cui cessa lo stato di fusione, la madre resta fondamentale per quei momenti in cui il bambino necessita di tornare al suo stato primitivo, ma acquistano maggiore importanza anche altre figure di accudimento, in particolare quella paterna. il bambino inizia a rapportarsi con la famiglia, che crea occasioni anche per infiltrazioni del mondo esterno, in modo che il bambino possa sempre più rapportarsi al mondo circostante, continuando l’opera di introduzione della realtà esterna cominciata dalla madre. La famiglia insegna al bambino il modo di rapportarsi con gruppi sociali più vasti.
Cecilia Pompei
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