La lettura psicologica del corpo

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La lettura psicologica del corpo


Per lettura psicologica del corpo intendiamo l’osservazione e l’interpretazione della parte del corpo più visibile, escludendo gran parte della sintomatologia che resta occulta ad un primo sguardo,  e che fa parte della psicosomatica.

 

Leggere un corpo è un aiuto notevole per uno psicoanalista, purché si parta da alcune premesse che proverò ad elencare:

  1. il corpo non è un testo di matematica, nonostante alcuni autori abbiano fatto ricerche interessanti, vedi lo psicoanalista francese Cormann, può non esserci corrispondenza precisa tra la percezione di chi legge e la realtà letta (anche perché chi legge può proiettare proprio materiale);
  2. fanno eccezione alcuni dati naturali, genetici e storico-geografici (colore della pelle, forma degli occhi, consistenza dei capelli), che chiamiamo tratti di razza, che invece si leggono normalmente con precisione;
  3. il corpo è mobile nella sua crescita e decrescita,  ma è anche in una continua evoluzione o involuzione, che dipende dalla relazione con l’ambiente (una prolungata situazione di dolore, di rabbia, di gioia può modificare una postura o un aspetto);
  4. è al servizio delle difese e delle resistenze dell’individuo;
  5. riporta la storia dei contrasti con l’ambiente e delle sue forzate sottomissioni;
  6. è il messaggero della salute fisica, ma anche dei sentimenti e di tutta la vita psichica;
  7. è la sede dei sintomi;
  8. è un blocco unico, in cui alcuni grandi organi hanno una loro autonomia, mentre milioni di trasmettitori portano continuamente messaggi d’ogni tipo dal cervello alle altre zone e viceversa;
  9. è il tramite visibile delle relazioni interpersonali.

Questo è il corpo di ogni individuo. La sua lettura, a parte i tratti di razza, deve essere anche un colloquio tra chi legge (psicoanalista) e chi si fa leggere (paziente).
Un colloquio, cioè una lettura che considera sempre due punti di vista, anche se tende a dare maggiore importanza a ciò che pare più obiettivo, magari solo per statistica.
Vorrei anche sottolineare un altro punto: quel corpo adulto, che nei colloqui individuali vediamo davanti a noi, è il proseguimento del corpo che ha incontrato la sua famiglia nella prima infanzia, che ha cercato di esprimersi, che ha tentato di emergere e che ha finito per adattarsi. Con pochi o molti sacrifici, a seconda della comprensione che ha trovato il piccolo individuo, nella sua crescita.
E’ la quantità dell’adattamento che determina la postura più o meno corretta, cioè la distanza tra la tendenza naturale, o personalità di base, e  le richieste dell’ambiente che il soggetto ha interiorizzato e fatto proprie, quasi sempre in modo automatico e inconscio.
C’è un motivo che mi ha spinto a sottolineare questo aspetto:  i meccanismi di difesa tendono a rimuovere ciò che si è vissuto come troppo doloroso, a negarne l’evidenza, compresi i segni che il corpo si porta addosso nel tempo.
Quei segni sono prove inconfutabili, per chi li vede con occhio clinico, sono testimonianze che non lasciano dubbi sulla qualità e quantità dei conflitti subiti e irrisolti.
Il fatto che vengano rimossi, spostati, sostituiti, coperti dalla razionalizzazione e persino negati, tutto questo semmai diventa una prova dell’importanza di quei conflitti sull’equilibrio della psiche e del corpo.
Ma la persona che si è abituata a conviverci, che vi si è adattata, si trova normale. Succede proprio così: una persona che si è abituata negli anni a stare in una certa posizione, palesemente sacrificata, ci dirà di trovarsi bene in quel modo, e se un terapista tenterà di correggere la sua postura si sentirà forzata e tenderà a tornare come prima.

In condizioni normali, difficilmente quella persona si convince a cambiare davvero. Magari accetterà qualche suggerimento e farà un accenno di esercizi, ma niente di più, se non troverà delle motivazioni veramente valide.
Esperienza ci dice che per provocare un cambiamento definitivo nella postura di un adulto, ci vogliono:

  1. la conoscenza e l’applicazione  dei principi di psicosomatica e di bioenergetica da parte dello psicoanalista;
  2. un’approfondita psicoanalisi al paziente
  3. molti esercizi appositamente studiati per quella persona, e preferibilmente insegnati da un professionista diverso dallo psicoanalista che l’ha in cura.

Senza uno di questi elementi, uno a caso, qualunque cambiamento, sempre che sia richiesto e sempre che avvenga, sarà provvisorio.
Tornando alla lettura del corpo, nella sua parte esteriore, quindi più visibile, ritengo che sia abbastanza facile, per uno psicoanalista attento.

In ogni caso, giusto come pro-memoria, riassumerò nel prossimo articolo gli elementi che permettono un lavoro corretto.

di Alfredo Rapaggi

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