Obiettivi inconsci e obiettivi coscienti

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Obiettivi inconsci e obiettivi coscienti

di Alfredo  Rapaggi
Torniamo a parlare della coppia. Fatta la psicodiagnosi individuale, riceviamo  le due persone insieme,  per un colloquio preliminare, descrittivo della loro relazione.
In questa fase abbiamo cinque compiti:
ascoltare le due versioni dei fatti, ponendoci sempre nel ruolo di chi parla, come si farebbe in uno psicodramma, cioè considerando il punto di vista di un protagonista per volta, avendo poi l’elasticità mentale che serve per fare una vera inversione di ruolo;
rintracciare il vantaggio inconscio che ha spinto i due protagonisti ad unirsi per formare una coppia;
portarlo alla loro coscienza, per la minima parte possibile in questa fase;
verificare noi, in che misura oggi è ancora valido per ognuno di loro;
stabilire se ci sono le condizioni psicologiche perché entrambi ricreino la loro unione.
Ovviamente la parte più difficile è quella di portare alla coscienza dei nostri protagonisti le cause inconsce della loro decisione iniziale, e infatti questo, essendo il lavoro dell’intero percorso psicoanalitico, può essere fatto solo in minima parte. In questa fase ci basta che venga recepito il concetto, e lo riassumiamo finché serve.
La coppia è formata da due persone che si sono incontrate e che si sono subito scambiate un messaggio inconscio, alla presumibile velocità di pochi secondi, o di qualche decimo di secondo, come fa notare, tra gli altri, Angel Garma nel suo “Nuovi Studi sul Sogno” (ed Astrolabio, Roma) e come oggi spiega, con dovizia di particolari, quella parte di neuroscienze che si occupa della localizzazione celebrale  e della chimica delle sensazioni . Questo messaggio, molto prima delle colorite giustificazioni che lo hanno arricchito in seguito, rendendolo plausibile agli occhi del mondo, cercava di soddisfare un bisogno primario: ipotizziamo quale, partendo dalla formazione della personalità e dalla descrizione dei caratteri dei componenti la famiglia d’origine.
In altre parole, ipotizziamo che queste due persone un giorno abbiano deciso di diventare una coppia, perché il loro inconscio ha individuato nell’altro partner la capacità di soddisfare alcuni dei bisogni primari rimasti insoddisfatti, dal tempo della prima formazione della loro personalità.
Secondo questa ipotesi, solo dopo aver ubbidito ad una simile pulsione, i due l’hanno giustificata con motivazioni accettabili dalla coscienza e l’hanno difesa conformandosi alle leggi della morale di famiglia e/o sociale.
Per conseguenza, la prima ricerca che dobbiamo fare è: “quale vantaggio inconscio, ognuno di loro ha pensato di trarre da questa unione”.
Dobbiamo trovare questa risposta, nel senso di averla chiara noi psicoanalisti e renderla il più possibile palese a loro,utilizzando sia gli strumenti preziosi che ci offre la psicoanalisi, sia la nostra capacità di spiegarci, in modo che inizino a comprendere, entrambi, quale sia stato il loro vero obiettivo e che valutino se oggi può ritenersi ancora valido, oppure no.
Nel caso quell’obiettivo non fosse più valido, dobbiamo verificare, come ho scritto nel finale di “Psicodiagnosi”, se esistano le condizioni perché ognuno di loro possa riprogrammare la propria vita, nel senso di trasformare i conflitti nevrotici in percorsi lineari e gradevoli, che comprendano il vivere con l’altro, e con i figli quando ve ne siano.
Solo se stabiliamo che queste condizioni esistono, possiamo dare inizio alla psicoanalisi della coppia, con ragionevoli prospettive di raggiungere l’obiettivo stabilito.
di Alfredo  Rapaggi
Torniamo a parlare della coppia. Fatta la psicodiagnosi individuale, riceviamo  le due persone insieme,  per un colloquio preliminare, descrittivo della loro relazione.

In questa fase abbiamo cinque compiti:
ascoltare le due versioni dei fatti, ponendoci sempre nel ruolo di chi parla, come si farebbe in uno psicodramma, cioè considerando il punto di vista di un protagonista per volta, avendo poi l’elasticità mentale che serve per fare una vera inversione di ruolo;
rintracciare il vantaggio inconscio che ha spinto i due protagonisti ad unirsi per formare una coppia;
portarlo alla loro coscienza, per la minima parte possibile in questa fase;
verificare noi, in che misura oggi è ancora valido per ognuno di loro;
stabilire se ci sono le condizioni psicologiche perché entrambi ricreino la loro unione.
Ovviamente la parte più difficile è quella di portare alla coscienza dei nostri protagonisti le cause inconsce della loro decisione iniziale, e infatti questo, essendo il lavoro dell’intero percorso psicoanalitico, può essere fatto solo in minima parte. In questa fase ci basta che venga recepito il concetto, e lo riassumiamo finché serve.
La coppia è formata da due persone che si sono incontrate e che si sono subito scambiate un messaggio inconscio, alla presumibile velocità di pochi secondi, o di qualche decimo di secondo, come fa notare, tra gli altri, Angel Garma nel suo “Nuovi Studi sul Sogno” (ed Astrolabio, Roma) e come oggi spiega, con dovizia di particolari, quella parte di neuroscienze che si occupa della localizzazione celebrale  e della chimica delle sensazioni . Questo messaggio, molto prima delle colorite giustificazioni che lo hanno arricchito in seguito, rendendolo plausibile agli occhi del mondo, cercava di soddisfare un bisogno primario: ipotizziamo quale, partendo dalla formazione della personalità e dalla descrizione dei caratteri dei componenti la famiglia d’origine.
In altre parole, ipotizziamo che queste due persone un giorno abbiano deciso di diventare una coppia, perché il loro inconscio ha individuato nell’altro partner la capacità di soddisfare alcuni dei bisogni primari rimasti insoddisfatti, dal tempo della prima formazione della loro personalità.
Secondo questa ipotesi, solo dopo aver ubbidito ad una simile pulsione, i due l’hanno giustificata con motivazioni accettabili dalla coscienza e l’hanno difesa conformandosi alle leggi della morale di famiglia e/o sociale.
Per conseguenza, la prima ricerca che dobbiamo fare è: “quale vantaggio inconscio, ognuno di loro ha pensato di trarre da questa unione”.
Dobbiamo trovare questa risposta, nel senso di averla chiara noi psicoanalisti e renderla il più possibile palese a loro,utilizzando sia gli strumenti preziosi che ci offre la psicoanalisi, sia la nostra capacità di spiegarci, in modo che inizino a comprendere, entrambi, quale sia stato il loro vero obiettivo e che valutino se oggi può ritenersi ancora valido, oppure no.
Nel caso quell’obiettivo non fosse più valido, dobbiamo verificare, come ho scritto nel finale di “Psicodiagnosi”, se esistano le condizioni perché ognuno di loro possa riprogrammare la propria vita, nel senso di trasformare i conflitti nevrotici in percorsi lineari e gradevoli, che comprendano il vivere con l’altro, e con i figli quando ve ne siano.
Solo se stabiliamo che queste condizioni esistono, possiamo dare inizio alla psicoanalisi della coppia, con ragionevoli prospettive di raggiungere l’obiettivo stabilito.

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