di Alfredo Rapaggi
Trovo che riequilibrare la relazione tra due persone sia il triplo più difficile che fare la stessa operazione su una sola persona. Naturalmente è solo un modo di dire, ma rende il mio pensiero. Si tratta infatti di aiutare ognuna delle due persone a ritrovare parte del materiale che ha rimosso e che si è abituata a tenere nascosto alla propria coscienza, e già questa è un’operazione non facile, in più si tratta di chiedere ad ognuna delle due di rivelare al partner quel tanto d’inconscio che serve all’alleanza comune. Vanno dunque svelati e vinti tre strati di resistenze.
Per questo noi abbiamo finito per privilegiare uno strumento più completo della sola modalità verbale, uno strumento in grado di mostrare immediatamente, come in uno specchio, i modi di fare di ognuno, i modi di mettersi in relazione con l’altro, i trucchi difensivi dell’inconscio e tutti quei dettagli espressivi che ognuno nasconde anche a se stesso, come ci si nascondono i difetti fisici nelle immagini mentali d’ogni giorno. Questo strumento è lo psicodramma analitico, a cui abbiamo aggiunto il termine “integrato”, per significare l’attenzione che diamo anche alla struttura e al linguaggio del corpo.
Non siamo certamente alla perfezione, anzi, sono convinto che per arrivarci vicino dovremo usufruire anche delle informazioni che ci verranno dalle neuroscienze e dell’intervento futuro dell’ingegneria genetica.
Ma questo è un argomento che affronterò in seguito.
Ora voglio accennare al fatto che nonostante gli sforzi di risolvere tutti i casi, ricorrendo ai mezzi più completi, troviamo ancora situazioni di coppia che riteniamo inaffrontabili, nel senso di persone che non ci danno la sensazione di poter raggiungere un soddisfacente obiettivo psicoterapeutico, in quanto coppie, a volte addirittura già dall’inizio della psicodiagnosi.
Sono casi che attualmente possiamo dirottare verso setting individuali, oppure a forme di “consulenza d’appoggio”, magari unite a terapie farmacologiche.
Faccio un esempio.
Molto recentemente ho ricevuto la visita di un uomo di 65 anni circa.
Laureato, tecnico elettronico, figlio unico, pluri-separato,con due figli grandi, di cui sapeva pochissimo. Fece fatica a dirmi l’anno in cui aveva perso il padre, mentre ricordava benissimo di aver perso la madre poco prima della terza ed ultima separazione. Aveva girato il mondo per lavoro e lo ripeteva spesso come una nota di merito. Ripeteva altrettanto spesso che era un uomo di grande cultura e benestante, che era ancora sessualmente forte, che non aveva vizi e che voleva la donna tutta per sé.
Ad un primo esame sommario mi è parso un carattere introverso-estrovertito, cioè introverso per tendenza naturale ed estroverso per ill forzato adattamento all’ambiente.
Ha subito voluto mettere in chiaro che il capo era sempre e solo lui, tanto sul lavoro, quanto nella coppia, come rispetto a me. Ha quindi sottolineato che la sua attuale compagna sarebbe venuta da me esclusivamente se, e perché, glielo avrebbe detto lui. Incurante del fatto che lei fosse molto restia a questo incontro, come già gli aveva fatto sapere.
Aveva il corpo con un evidente asimmetria tra destra e sinistra, denutrito, pallido, il viso un po’ scavato, l’occhio destro che si muoveva a scatti, come comandato a mo’ di robot, il sinistro semichiuso; la mascella in fuori, sfidante; la bocca, abbastanza piccola, era tirata, dilatata nello sforzo di parlare, e denunciava che quella non era la sua tendenza naturale. Parlava a voce alta come chi ritiene di non essere ascoltato, e ripeteva gli stessi concetti e gli stessi esempi molte volte senza preoccuparsi di verificare se io avevo capito, oppure no. La mano destra si muoveva continuamente, in modo nervoso, alla ricerca di qualcosa; sfogliava un brogliaccio senza poi fermarsi a leggere, lo spostava, lo rimetteva a posto e di nuovo come prima; la mano sinistra pareva assente.
Mi disse che la sua attuale compagna aveva già due figli propri, che però vivevano col padre perché lei era in condizioni economiche molto precarie e non poteva mantenerli. Il nostro soggetto, ritenendosi un uomo molto generoso, e anche questo ripeteva allungando il collo, si era offerto di ospitarla e di darle tutto il necessario. In cambio della sua generosità voleva che lei facesse i lavori di casa, tutti ovviamente, si prendesse cura di lui come fa una buona mamma, e fosse un’amante fedele attenta e molto disponibile.
E questo patto sarebbe stato il motivo che lo avrebbe spinto dallo psicoanalista. Infatti lei, solo apparentemente sottomessa, ma descritta come forte e determinata, aveva avanzato una propria richiesta in modo abbastanza perentorio: che lui la sposasse, visto che le chiedeva di fare tutto quello che fa una moglie, e anche qualcosa di più.
“Bene” avrebbe risposto lui, “allora anch’io metto dei patti”, come se non fosse stato il primo a metterli, ed ha insistito perché io leggessi il foglio con le condizioni inderogabili, ripeté “inderogabili”, poste alla futura moglie: una trentina di comandamenti che andavano dal divieto d’introdurre un casa estranei senza il suo permesso, alla regola di non sprecare acqua né luce; dall’obbligo di risiedere in qualunque parte del mondo lui avesse voluto vivere, a quello di lavarsi sempre le mani prima di toccarlo; dalla proibizione di parlare a voce alta, a quella di accarezzare il gatto in sua presenza; dalla promessa di non farsi mai condizionare dal parere dei fratelli, a quella di non rifiutarsi mai sessualmente; dall’obbligo di sbucciargli le mele con entrambe le posate, a quello di tenere spenta la tv durante i pasti e comunque di non accenderla per più di un’ora al giorno, eccetera.
Una summa delirante di pericoli avevano fatto da fondamenta ai suoi comandamenti e durante la seduta introduttiva aveva cercato di motivare le sue paranoie, e di presentarle come gesti di educazione, per trovare in me l’alleato da presentare alla moglie e da usare come giudice supremo. Un giudice al suo servizio, come spesso accade anche se in forma meno drastica.
Fino ad un momento prima della lettura delle condizioni, la sua debolezza, pur rivelandosi così importante da dover essere protetta da mille precauzioni, mi pareva che non fosse un ostacolo insuperabile per un tentativo di psicoanalisi di coppia, a patto naturalmente di:
avere anche un colloquio con l’altro partner,
completare la psicodiagnosi prima di prendere una decisione;
poter applicare lo psicodramma analitico integrato, quindi una serie di strumenti abbastanza completa.
Ma dopo il suo lungo elenco, considerata l’assenza della donna, che nel migliore dei casi sarebbe venuta su comando di lui, dopo aver riflettuto sul condizionamento dato dalla sua età (che significa anche dalla sua elasticità psichica e di pensiero), e naturalmente, dopo aver osservato ed ascoltato con attenzione il linguaggio del suo corpo, non ho più trovato lo spiraglio per un intervento psicoanalitico di coppia, degno di questo nome.
Dal punto di vista affettivo, o delle sensazioni, quel corpo era avulso dalla realtà.
La voce, così alta, non era in sintonia con le notizie che dava, anzi restava distante, sia che parlasse della morte della madre, o delle separazioni, o dei figli, o del fatto che si sentiva sessualmente forte, oppure dei comandamenti fatti per la partner, non cambiava tono, né velocità.
Le sue mani si aprivano e si chiudevano in continuazione; si chiudevano a pugno stretto e si riaprivano subito; ho perso il conto di quante volte avesse fatto quel movimento: era come se non potesse sopportare l’idea di sferrarlo quel pugno, ma che desiderava farlo, una volta per tutte.
La sua pelle, che insieme ad Anzieu (“L’Io Pelle” ed Borla, Roma) considero il vero messaggero della psiche verso il resto del mondo, era di un pallore mortifero; Lowen (“Bioenergetica”, ed. Feltrinelli, Milano) avrebbe sottolineato che l’energia era ritirata quasi completamente all’interno, l’avrebbe classificato schizoide, cioè una persona che rivelava una paura grave di tutto ciò che si trovava fuori, nel mondo reale.
Mi dispiacque prendere la decisione di non procedere, perché quel viso scavato, simile a quello di chi non mangia da un tempo lunghissimo, mi comunicava una richiesta di nutrimento grandissima, anche se quasi impossibile da soddisfare, una richiesta urgente anche se rabbiosa e delusa, quasi rassegnata.
Infine gli occhi: arrabbiato oltremisura il destro, spento il sinistro; il destro sputava fiamme, come si dice, era infuocato, se questo rende l’idea, e mi faceva immaginare quanto la sua sfida verso il maschile fosse dura, grande, davvero esagerata; il sinistro viceversa, privo di luce e di vivacità, era semichiuso,tanto da portarmi ad immaginare che da tempo immemorabile avesse perso la speranza di vivere un affetto vero, un affetto grande quanto un giorno aveva sognato di poter vivere. O meglio che la sua esperienza affettiva fosse finita prima ancora che potesse prendere coscienza della sua bellezza.
Anche volendo sorvolare sulla sua palese arte manipolatoria, che però coinvolgeva anche un’altra persona, tutto di lui diceva quanto fosse impossibile esaudire la sua richiesta di psicoanalisi della coppia.
Vale anche la pena notare come lui stesso abbia rifiutato la psicoanalisi individuale, perché ovviamente la sua componente narcisistica non ammetteva di aver qualche tipo di ferita nella fantasmatica immagine perfetta del suo essere.
Trovo che riequilibrare la relazione tra due persone sia il triplo più difficile che fare la stessa operazione su una sola persona. Naturalmente è solo un modo di dire, ma rende il mio pensiero.
Si tratta infatti di aiutare ognuna delle due persone a ritrovare parte del materiale che ha rimosso e che si è abituata a tenere nascosto alla propria coscienza, e già questa è un’operazione non facile, in più si tratta di chiedere ad ognuna delle due di rivelare al partner quel tanto d’inconscio che serve all’alleanza comune. Vanno dunque svelati e vinti tre strati di resistenze.
Per questo noi abbiamo finito per privilegiare uno strumento più completo della sola modalità verbale, uno strumento in grado di mostrare immediatamente, come in uno specchio, i modi di fare di ognuno, i modi di mettersi in relazione con l’altro, i trucchi difensivi dell’inconscio e tutti quei dettagli espressivi che ognuno nasconde anche a se stesso, come ci si nascondono i difetti fisici nelle immagini mentali d’ogni giorno. Questo strumento è lo psicodramma analitico, a cui abbiamo aggiunto il termine “integrato”, per significare l’attenzione che diamo anche alla struttura e al linguaggio del corpo.
Non siamo certamente alla perfezione, anzi, sono convinto che per arrivarci vicino dovremo usufruire anche delle informazioni che ci verranno dalle neuroscienze e dell’intervento futuro dell’ingegneria genetica.
Ma questo è un argomento che affronterò in seguito.
Ora voglio accennare al fatto che nonostante gli sforzi di risolvere tutti i casi, ricorrendo ai mezzi più completi, troviamo ancora situazioni di coppia che riteniamo inaffrontabili, nel senso di persone che non ci danno la sensazione di poter raggiungere un soddisfacente obiettivo psicoterapeutico, in quanto coppie, a volte addirittura già dall’inizio della psicodiagnosi.
Sono casi che attualmente possiamo dirottare verso setting individuali, oppure a forme di “consulenza d’appoggio”, magari unite a terapie farmacologiche.
Faccio un esempio.
Molto recentemente ho ricevuto la visita di un uomo di 65 anni circa.
Laureato, tecnico elettronico, figlio unico, pluri-separato,con due figli grandi, di cui sapeva pochissimo. Fece fatica a dirmi l’anno in cui aveva perso il padre, mentre ricordava benissimo di aver perso la madre poco prima della terza ed ultima separazione. Aveva girato il mondo per lavoro e lo ripeteva spesso come una nota di merito. Ripeteva altrettanto spesso che era un uomo di grande cultura e benestante, che era ancora sessualmente forte, che non aveva vizi e che voleva la donna tutta per sé.
Ad un primo esame sommario mi è parso un carattere introverso-estrovertito, cioè introverso per tendenza naturale ed estroverso per ill forzato adattamento all’ambiente.
Ha subito voluto mettere in chiaro che il capo era sempre e solo lui, tanto sul lavoro, quanto nella coppia, come rispetto a me. Ha quindi sottolineato che la sua attuale compagna sarebbe venuta da me esclusivamente se, e perché, glielo avrebbe detto lui. Incurante del fatto che lei fosse molto restia a questo incontro, come già gli aveva fatto sapere.
Aveva il corpo con un evidente asimmetria tra destra e sinistra, denutrito, pallido, il viso un po’ scavato, l’occhio destro che si muoveva a scatti, come comandato a mo’ di robot, il sinistro semichiuso; la mascella in fuori, sfidante; la bocca, abbastanza piccola, era tirata, dilatata nello sforzo di parlare, e denunciava che quella non era la sua tendenza naturale. Parlava a voce alta come chi ritiene di non essere ascoltato, e ripeteva gli stessi concetti e gli stessi esempi molte volte senza preoccuparsi di verificare se io avevo capito, oppure no. La mano destra si muoveva continuamente, in modo nervoso, alla ricerca di qualcosa; sfogliava un brogliaccio senza poi fermarsi a leggere, lo spostava, lo rimetteva a posto e di nuovo come prima; la mano sinistra pareva assente.
Mi disse che la sua attuale compagna aveva già due figli propri, che però vivevano col padre perché lei era in condizioni economiche molto precarie e non poteva mantenerli. Il nostro soggetto, ritenendosi un uomo molto generoso, e anche questo ripeteva allungando il collo, si era offerto di ospitarla e di darle tutto il necessario. In cambio della sua generosità voleva che lei facesse i lavori di casa, tutti ovviamente, si prendesse cura di lui come fa una buona mamma, e fosse un’amante fedele attenta e molto disponibile.
E questo patto sarebbe stato il motivo che lo avrebbe spinto dallo psicoanalista. Infatti lei, solo apparentemente sottomessa, ma descritta come forte e determinata, aveva avanzato una propria richiesta in modo abbastanza perentorio: che lui la sposasse, visto che le chiedeva di fare tutto quello che fa una moglie, e anche qualcosa di più.
“Bene” avrebbe risposto lui, “allora anch’io metto dei patti”, come se non fosse stato il primo a metterli, ed ha insistito perché io leggessi il foglio con le condizioni inderogabili, ripeté “inderogabili”, poste alla futura moglie: una trentina di comandamenti che andavano dal divieto d’introdurre un casa estranei senza il suo permesso, alla regola di non sprecare acqua né luce; dall’obbligo di risiedere in qualunque parte del mondo lui avesse voluto vivere, a quello di lavarsi sempre le mani prima di toccarlo; dalla proibizione di parlare a voce alta, a quella di accarezzare il gatto in sua presenza; dalla promessa di non farsi mai condizionare dal parere dei fratelli, a quella di non rifiutarsi mai sessualmente; dall’obbligo di sbucciargli le mele con entrambe le posate, a quello di tenere spenta la tv durante i pasti e comunque di non accenderla per più di un’ora al giorno, eccetera.
Una summa delirante di pericoli avevano fatto da fondamenta ai suoi comandamenti e durante la seduta introduttiva aveva cercato di motivare le sue paranoie, e di presentarle come gesti di educazione, per trovare in me l’alleato da presentare alla moglie e da usare come giudice supremo. Un giudice al suo servizio, come spesso accade anche se in forma meno drastica.
Fino ad un momento prima della lettura delle condizioni, la sua debolezza, pur rivelandosi così importante da dover essere protetta da mille precauzioni, mi pareva che non fosse un ostacolo insuperabile per un tentativo di psicoanalisi di coppia, a patto naturalmente di:
avere anche un colloquio con l’altro partner,
completare la psicodiagnosi prima di prendere una decisione;
poter applicare lo psicodramma analitico integrato, quindi una serie di strumenti abbastanza completa.
Ma dopo il suo lungo elenco, considerata l’assenza della donna, che nel migliore dei casi sarebbe venuta su comando di lui, dopo aver riflettuto sul condizionamento dato dalla sua età (che significa anche dalla sua elasticità psichica e di pensiero), e naturalmente, dopo aver osservato ed ascoltato con attenzione il linguaggio del suo corpo, non ho più trovato lo spiraglio per un intervento psicoanalitico di coppia, degno di questo nome.
Dal punto di vista affettivo, o delle sensazioni, quel corpo era avulso dalla realtà.
La voce, così alta, non era in sintonia con le notizie che dava, anzi restava distante, sia che parlasse della morte della madre, o delle separazioni, o dei figli, o del fatto che si sentiva sessualmente forte, oppure dei comandamenti fatti per la partner, non cambiava tono, né velocità.
Le sue mani si aprivano e si chiudevano in continuazione; si chiudevano a pugno stretto e si riaprivano subito; ho perso il conto di quante volte avesse fatto quel movimento: era come se non potesse sopportare l’idea di sferrarlo quel pugno, ma che desiderava farlo, una volta per tutte.
La sua pelle, che insieme ad Anzieu (“L’Io Pelle” ed Borla, Roma) considero il vero messaggero della psiche verso il resto del mondo, era di un pallore mortifero; Lowen (“Bioenergetica”, ed. Feltrinelli, Milano) avrebbe sottolineato che l’energia era ritirata quasi completamente all’interno, l’avrebbe classificato schizoide, cioè una persona che rivelava una paura grave di tutto ciò che si trovava fuori, nel mondo reale.
Mi dispiacque prendere la decisione di non procedere, perché quel viso scavato, simile a quello di chi non mangia da un tempo lunghissimo, mi comunicava una richiesta di nutrimento grandissima, anche se quasi impossibile da soddisfare, una richiesta urgente anche se rabbiosa e delusa, quasi rassegnata.
Infine gli occhi: arrabbiato oltremisura il destro, spento il sinistro; il destro sputava fiamme, come si dice, era infuocato, se questo rende l’idea, e mi faceva immaginare quanto la sua sfida verso il maschile fosse dura, grande, davvero esagerata; il sinistro viceversa, privo di luce e di vivacità, era semichiuso,tanto da portarmi ad immaginare che da tempo immemorabile avesse perso la speranza di vivere un affetto vero, un affetto grande quanto un giorno aveva sognato di poter vivere. O meglio che la sua esperienza affettiva fosse finita prima ancora che potesse prendere coscienza della sua bellezza.
Anche volendo sorvolare sulla sua palese arte manipolatoria, che però coinvolgeva anche un’altra persona, tutto di lui diceva quanto fosse impossibile esaudire la sua richiesta di psicoanalisi della coppia.
Vale anche la pena notare come lui stesso abbia rifiutato la psicoanalisi individuale, perché ovviamente la sua componente narcisistica non ammetteva di aver qualche tipo di ferita nella fantasmatica immagine perfetta del suo essere.
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