Continua la descrizione di Winnicot, finalizzata a dimostrare che questo personaggio può dirsi a buon diritto, anche se inconsapevole nello specifico, tra i precursori dello psicodramma analitico. (alfredo rapaggi)
Nelle settimane che precedono e seguono il parto, la madre è in una condizione psicologica particolare che Winnicott chiama “preoccupazione materna primaria”. L’esperienza accumulata nel passato porta la madre a avere delle fantasie inconsce sul figlio; si chiude in se stessa e sperimenta quasi uno stato dissociativo, che le dà la capacità di modellarsi intorno all’individualità del suo particolare bambino. Passati i primi tempi, la madre “sana” sarà capace di tornare al suo stato di normalità, rientrando gradualmente nella sua vita.
Un aspetto fondamentale della reciprocità fra madre e neonato è per Winnicott il rispecchiamento del Sé del bambino in quello della madre, che inizia quando il bambino è appena nato. Influenzato dall’opera di Lacan, ma anche dalla teoria di introiezione e proiezione di Freud, Winnicott sostiene che la madre, guardando il bambino, e scorgendo in esso una persona intera, rimanda al bambino stesso questa immagine. Crescendo, il bambino diminuisce la necessità di derivare il suo Sé dallo sguardo materno (o da quello di altre figure di riferimento), e il rispecchiamento diventa interiorizzato.
Il bambino si muove da uno stadio di dipendenza assoluta verso l’indipendenza, passando attraverso una condizione di dipendenza relativa. Le prime conquiste che raggiunge il lattante (generalmente, in condizioni di salute, entro il primo semestre di vita) sono l’integrazione dell’Io, la personalizzazione e l’inizio della relazione oggettuale.
L’integrazione fa sì che le componenti somatiche e psichiche si incontrino in un Sé unitario e l’ambiente (la madre, essenzialmente) comincia a essere sentito come qualcosa di diverso da sé. In questo momento, la funzione materna principale è quella del contenimento (holding), che protegge il bambino da possibili danni fisici, che è consapevole della sua enorme sensibilità, sia fisica che psichica, che agisce sapendo che il bambino ignora l’esistenza di qualcosa che sia altro da sé, che gli fornisce tutte le cure necessarie e si accorge dei cambiamenti, anche minimi, che intervengono nella sua crescita. L’Io debole e immaturo del bambino è supportato dal sostegno che la madre è in grado di fornire. Il bambino comincia così ad avere fiducia nella madre e, per riflesso, nel mondo esterno. L’holding è alla base della capacità che avrà il bambino di fare esperienza di se stesso; fornisce sostegno all’Io prima che esso sia integro.
Grazie al supporto materno, il bambino può anche permettersi di tornare temporaneamente a stadi di non integrazione, che saranno forieri nella vita adulta della capacità di rilassarsi e godere della solitudine. La capacità di stare soli è per Winnicott uno dei segni maggiormente importanti della maturità emotiva.
Per personalizzazione Winnicott intende l’avere uno schema corporeo personale, dentro cui alberga la psiche, ampliando l’idea freudiana contenuta ne “L’Io e l’Es”. Con la personalizzazione, la psiche prende sede nel corpo, che contiene l’intero Sé. Questo insediamento della psiche nel corpo viene facilitato dall’ambiente sufficientemente buono che maneggia naturalmente e spontaneamente il bambino in un modo particolare(handling), consapevole che egli è un’unità e non un insieme di più parti. Grazie alla manipolazione adeguata, il bambino accetta il corpo come parte del Sé, e sente che il Sé ha sede all’interno del corpo; allo stesso modo conosce i confini fra il corpo-me e l’esterno al corpo-non-me. Questo senso di unità sta alla base, della coordinazione e dell’armonia corporea, di quella che Lowen chiamerà grazia.
Grazie alla fusione con la madre delle prime settimane di vita, il bambino sperimenta il primo senso di identità e di esistenza. Da questa relazione primitiva nasce, se la madre è capace di rispettare i tempi del bambino, la prima relazione d’oggetto, in cui il bambino ha la sensazione di creare la madre stessa e le sue cure: grazie alla ripetitività del prendersi cura di lui ad opera della madre, il bambino sviluppa l’aspettativa che i suoi bisogni siano quasi perfettamente esauditi, generando un vissuto di onnipotenza e cominciando a percepire gli oggetti esterni come oggetti soggettivi che può controllare. Grazie al senso di onnipotenza, il bambino può cominciare a sviluppare la capacità di esperire una relazione con l’esterno, e il formarsi di una concezione della realtà esterna. Gli viene consentita l’illusione onnipotente di aver creato quanto ha davanti agli occhi.
Cecilia Pompei
Continua la descrizione di Winnicott, finalizzata a dimostrare che questo personaggio può dirsi a buon diritto, anche se inconsapevole nello specifico, tra i precursori dello psicodramma analitico.
(alfredo rapaggi)
Nelle settimane che precedono e seguono il parto, la madre è in una condizione psicologica particolare che Winnicott chiama “preoccupazione materna primaria”. L’esperienza accumulata nel passato porta la madre a avere delle fantasie inconsce sul figlio; si chiude in se stessa e sperimenta quasi uno stato dissociativo, che le dà la capacità di modellarsi intorno all’individualità del suo particolare bambino. Passati i primi tempi, la madre “sana” sarà capace di tornare al suo stato di normalità, rientrando gradualmente nella sua vita.
Un aspetto fondamentale della reciprocità fra madre e neonato è per Winnicott il rispecchiamento del Sé del bambino in quello della madre, che inizia quando il bambino è appena nato. Influenzato dall’opera di Lacan, ma anche dalla teoria di introiezione e proiezione di Freud, Winnicott sostiene che la madre, guardando il bambino, e scorgendo in esso una persona intera, rimanda al bambino stesso questa immagine. Crescendo, il bambino diminuisce la necessità di derivare il suo Sé dallo sguardo materno (o da quello di altre figure di riferimento), e il rispecchiamento diventa interiorizzato.
Il bambino si muove da uno stadio di dipendenza assoluta verso l’indipendenza, passando attraverso una condizione di dipendenza relativa. Le prime conquiste che raggiunge il lattante (generalmente, in condizioni di salute, entro il primo semestre di vita) sono l’integrazione dell’Io, la personalizzazione e l’inizio della relazione oggettuale.
L’integrazione fa sì che le componenti somatiche e psichiche si incontrino in un Sé unitario e l’ambiente (la madre, essenzialmente) comincia a essere sentito come qualcosa di diverso da sé. In questo momento, la funzione materna principale è quella del contenimento (holding), che protegge il bambino da possibili danni fisici, che è consapevole della sua enorme sensibilità, sia fisica che psichica, che agisce sapendo che il bambino ignora l’esistenza di qualcosa che sia altro da sé, che gli fornisce tutte le cure necessarie e si accorge dei cambiamenti, anche minimi, che intervengono nella sua crescita. L’Io debole e immaturo del bambino è supportato dal sostegno che la madre è in grado di fornire. Il bambino comincia così ad avere fiducia nella madre e, per riflesso, nel mondo esterno. L’holding è alla base della capacità che avrà il bambino di fare esperienza di se stesso; fornisce sostegno all’Io prima che esso sia integro.
Grazie al supporto materno, il bambino può anche permettersi di tornare temporaneamente a stadi di non integrazione, che saranno forieri nella vita adulta della capacità di rilassarsi e godere della solitudine. La capacità di stare soli è per Winnicott uno dei segni maggiormente importanti della maturità emotiva.
Per personalizzazione Winnicott intende l’avere uno schema corporeo personale, dentro cui alberga la psiche, ampliando l’idea freudiana contenuta ne “L’Io e l’Es”. Con la personalizzazione, la psiche prende sede nel corpo, che contiene l’intero Sé. Questo insediamento della psiche nel corpo viene facilitato dall’ambiente sufficientemente buono che maneggia naturalmente e spontaneamente il bambino in un modo particolare(handling), consapevole che egli è un’unità e non un insieme di più parti. Grazie alla manipolazione adeguata, il bambino accetta il corpo come parte del Sé, e sente che il Sé ha sede all’interno del corpo; allo stesso modo conosce i confini fra il corpo-me e l’esterno al corpo-non-me. Questo senso di unità sta alla base, della coordinazione e dell’armonia corporea, di quella che Lowen chiamerà grazia.
Grazie alla fusione con la madre delle prime settimane di vita, il bambino sperimenta il primo senso di identità e di esistenza. Da questa relazione primitiva nasce, se la madre è capace di rispettare i tempi del bambino, la prima relazione d’oggetto, in cui il bambino ha la sensazione di creare la madre stessa e le sue cure: grazie alla ripetitività del prendersi cura di lui ad opera della madre, il bambino sviluppa l’aspettativa che i suoi bisogni siano quasi perfettamente esauditi, generando un vissuto di onnipotenza e cominciando a percepire gli oggetti esterni come oggetti soggettivi che può controllare. Grazie al senso di onnipotenza, il bambino può cominciare a sviluppare la capacità di esperire una relazione con l’esterno, e il formarsi di una concezione della realtà esterna. Gli viene consentita l’illusione onnipotente di aver creato quanto ha davanti agli occhi.
Cecilia Pompei
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