COCCOLOTERAPIA

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COCCOLOTERAPIA

Una noticina, per ricordare a chi comincia la scuola perché si chiama Mosaico
Ho ritrovato il cuscino che una compagna di università mi aveva regalato per la laurea.

“Coccoloterapia” c’era scritto. con una calligrafia un po’ incerta, e c’era un biglietto attaccato: “non dimenticarti le promesse, freudino”.

Le promesse di allora erano chimere, in verità, perché non tenevano conto della realtà di una professione che ancora non avevo imparato né tanto meno sperimentato.
Le promesse erano di riuscire ad essere contemporaneamente neutrale, a volte spietatamente sincero, ma al tempo stesso anche coccoloso.
Quelle promesse non potevano essere realizzabili così come le pensavo allora:  le avrei lasciate per strada come le briciole di Pollicino, nel tentativo di ritrovare, un giorno, il mondo perfetto, tipo quello uterino.
Ma una cosa non avrei mai perso: la voglia di prendermi a cuore i pazienti anche quando la loro sofferenza procura la rabbia e l’aggressività attiva e passiva, che il transfert porta sull’analista.
Questa sì che si è rivelata la parte più difficile, quella che aveva bisogno di molta forza e di molto amore.

La coccoloterapia era forse un desiderio della mia amica e insieme un mio bisogno,
Perciò ad un certo punto avevo riposto quel cuscino tra i costumi dello psicodramma, come succede per i sogni dell’adolescenza.
Solo che tra quei costumi trovai anche una piccola stampa in tessuto, un’immagine famosa di Charlie Chaplin che si allontana verso il suo orizzonte, con una frase: “non dimenticar le tue illusioni”.
Oggi non penso più che sia un’impresa impossibile mantenere la tenerezza vicino alla tecnica e alla professionalità necessaria per aiutare davvero le persone.
Oggi penso che non si possa vivere solo d’illusioni, ma che queste debbano esistere sempre. E’ vero che le illusioni hanno un ciclo preciso e quando cadono lasciano stati depressivi più o meno gravi.
Però, i sogni, le speranze e anche le illusioni, se non sono esagerate, servono ad ammorbidire le relazioni, anche quelle che hanno subito l’influenza di un’educazione troppo rigida, di una cultura che il tempo ha reso i cuori di pietra.
Aver messo tra i costumi quel cuscino è stato necessario per cercare una strada più scientifica, ritrovarlo è stata una gioia, anche professionale.
Avevo ideato lo psicodramma analitico integrato senza accorgermi che quella era la mia soluzione. Così riuscivo a mantenere le illusioni insieme alla concretezza.
E’ un massimo che si può fare, non sarà la soluzione perfetta, per fortuna, così ci sarà sempre chi vorrà perfezionarla.
Intanto però, sappiamo che si può fare visto che noi la stiamo usando da tempo.

Si è dimostrata una soluzione umana e valida, rigorosa e amorevole.

Oggi, ai miei allievi auguro di seguirla, aggiungendovi il loro entusiasmo e la loro creatività.

 

 

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A. Rapaggi

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