Stamattina c’è l’esame finale per gli specializzandi della scuola che dirigo. Combinazione vuole che abbia trovato, sulla bacheca di un’amica fb, il discorso di berlusconi ai giovani, ben corredato da commenti sarcastici di chi può ancora parlare liberamente.
Questa è la prima cosa che ho notato. I comici di casa nostra non si attentano più, da molto tempo, a parlare così apertamente. Un motivo ci sarà. E sinceramente non so se sia più grave perdere il lavoro o la libertà d’espressione. Penso che rientri nei nostri compiti aiutare le persone ad esprimersi liberamente in tutti i contesti possibili. In vari modi lo hanno detto Freud, Jung, Moreno e tanti altri.Ma va beh, parliamo di lavoro, del nostro lavoro nel senso che avete trattato voi.
Primo punto
In linea generale mi pare che ci siano ancora degli spazi interessanti, e lo dico con dati alla mano, sia nel campo della psicologia attiva che in quello della psicoterapia. Ci sono spazi e sono molti, che occupano abusivamente altre categorie professionali.
E qui si apre un primo capitolo che riguarda la competenza dei colleghi che stanno sulle sedie dei vari Ordini regionali e di quello nazionale, ma soprattutto l’interessamento che i colleghi più giovani dovrebbero avere nel momento di eleggere i loro rappresentanti. Un interessamento che dovrebbe durare per tutto il mandato e dovrebbe essere criticamente costruttivo.
Faccio un semplice esempio. Nella trasmissione di Rai Uno a cui ho partecipato recentemente, il posto di esperto in materia di psicologia della coppia era coperto, prima di me, da una sociologa, e dopo di me da una trainer aziendale. Naturalmente il posto di avvocato matrimonialista era occupato da un avvocato vero. Dunque, oltre agli psichiatri che il loro potente ordine infila dappertutto, abbiamo altre figure che si prendono la libertà di dirsi psicologhe. Intendiamoci, non è che perdiamo chissà che guadagno diretto, anzi, ma ci perdiamo in immagine e indirettamente in possibilità di essere chiamati nel mondo del lavoro.
Usate dunque lo strumento delle votazioni, finché esiste l’ordine professionale, per mandare a dirigerci delle persone che abbiano dimostrato competenza nella libera professione, non dei colleghi inesperti o peggio solo dei burocrati. Altrimenti non ci lamentiamo se ci trattano come e peggio dei cartomanti e degli astrologi. E se gli psichiatri invece sono dappertutto, anche a dirigere parecchi delle nostre scuole di specializzazione-
Secondo punto: la preparazione
In qualche decennio d’esperienza mi sono fatto l’idea che lo strumento psicologico e quello psicoterapeutico debbano essere eclettici, pur rimanendo precisi. Ho quindi scelto d’impostare la scuola di specializzazione in modo che
1) già dai primi anni lo studente possa cercare un lavoro adatto alla sua età e alle esigenze del “mercato”
2) lo psicoterapeuta che ne esce sia in grado di affrontare molte situazioni, di consulenza, d’aiuto e psicopatologiche.
3) che lo stesso psicoterapeuta sappia lavorare nel setting individuale, in quello di coppia e in quello di gruppo
4) che conosca i meccanismi dell’inconscio tanto quanto quelli comportamentali e cognitivi
Anche la scelta della scuola di specializzazione dunque è importante. La vecchia impostazione di prendere un metodo, senza controllare se è parziale porta alla sensazione depressiva di non sapere, di non poter fare… Se la formazione manca di elementi importanti (la psicodiagnosi, il setting di gruppo, la profondità e l’influenza dell’inconscio) è da lasciar perdere.
Ma se ha tutto questo, il lavoro si trova perché gli spazi, ripeto, ci sono ancora. E ve lo dico perché me li trovo tutti i giorni, come del resto fanno molti nostri colleghi.
Alfredo Rapaggi
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