Come parlare al proprio figlio colpito da Tumore. Una ricerca sulla comunicazione

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Come parlare al proprio figlio colpito da Tumore. Una ricerca sulla comunicazione

La salute psichica del bambino va sempre messa in primo piano, anche di fronte all’emergenza di una grave malattia organica come il tumore. In questo caso i genitori sperimentano sentimenti di angoscia, rabbia, senso d’ingiustizia e di impotenza, che spesso diventano troppo difficili da gestire, creando il vuoto del “non detto” nel rapporto con il bambino malato.

L’evitamento e l’inadeguatezza della comunicazione risultano molto frequenti. Per tale motivo, l’Unità di Riabilitazione Neuroncologica Infantile dell’IRCCS Medea – La Nostra Famiglia, guidata dalla Dottoressa Geraldina Poggi, ha avviato il progetto di ricerca “Il tumore cerebrale nel bambino: un supporto alla comunicazione genitori-bambino riguardo alla malattia”, che si svolgerà in collaborazione con l’Istituto dei Tumori di Milano. Lo studio è tra i cinque progetti premiati – tra le oltre 160 proposte pervenute – dalla Fondazione Berlucchi per la Ricerca sul Cancro, nella ricorrenza del suo decennale.
Diversi studi sui bambini con tumore cerebrale indicano che, insieme a fattori clinici e psicologici, anche la qualità della comunicazione al bambino riguardo alla malattia e la sua conseguente consapevolezza riguardo ad essa, rivesta una grande importanza nell’insorgenza e nel mantenimento dei problemi psicologici e comportamentali che possono presentarsi dopo l’intervento chirurgico e la terapia. Nonostante il tema della comunicazione al bambino riguardo alla malattia oncologica sia divenuto di recente oggetto di interesse scientifico, al centro di dibattiti e convegni, non sono state tuttora elaborate delle linee guida nella pratica clinica per i genitori e le figure professionali che si prendono cura del bambino.

Comunicare non è soltanto informare ma anche condividere il significato di quello che accade. La malattia crea un senso di rottura all’interno del corpo e della mente. Il bambino può rappresentarsi la malattia come un “incidente di percorso”, che tuttavia, si associa a dolore e sofferenza, a limitazioni più o meno gravi della sua autonomia. Il profilo psicologico-comportamental

e dei bambini con esiti di tumore cerebrale è perlopiù segnato da problematiche di “internalizzazione” quali ansia, depressione, tendenza al ritiro, con conseguente compromissione dell’adattamento sociale. “Vogliamo coinvolgere il bimbo nella gestione della sua malattia – sottolinea Annarita Adduci, psicologa dell’Unità di Riabilitazione – aiutandolo a controllare la situazione e consentendogli di contenere il disagio con cui affronta l’iter ospedaliero, oncologico e riabilitativo”.
L’obiettivo della ricerca è realizzare e testare uno strumento di supporto alla comunicazione: verrà redatto un piccolo volume rivolto sia ai familiari che al bambino, all’interno del quale i genitori possano reperire indicazioni e suggerimenti differenziati per le diverse fasce d’età del bambino. Anche il bimbo potrà trovare informazioni complete, veritiere, coerenti, personalizzate, sulla sua patologia, sul decorso, sui trattamenti oncologici, farmacologici e riabilitativi, in un linguaggio comprensibile e adeguato alla sua età e alle sue capacità cognitive.
Il libretto sarà consegnato a tutti i genitori dei bambini con diagnosi di tumore cerebrale ricoverati presso l’oncologia pediatrica dell’Istituto dei Tumori di Milano. Al termine del percorso oncologico i piccoli pazienti vengono di solito inviati presso l’Unità di Riabilitazione Neuroncologica infantile dell’IRCCS Medea di Bosisio Parini, per essere sottoposti a valutazioni cliniche e funzionali. Al termine delle cure, all’interno della valutazione psicologica (mediante un questionario ed una intervista semi-strutturata) sarà testata l’efficacia del vademecum, in relazione al grado di consapevolezza raggiunto dal bambino nei confronti della propria situazione, alla qualità della comunicazione genitore-bambino (evitamento, inadeguatezza, adeguatezza) e alla eventuale presenza di problematiche psicologiche e comportamentali.
Inoltre si ipotizza un confronto con un campione di 64 bambini che fa parte di uno studio svolto in precedenza; i piccoli non hanno usufruito di tale ausilio, pur essendo stati valutati con gli stessi strumenti. Il confronto potrà permettere di definire l’utilità del progetto e fornirà indicazioni preziose per la sua adozione come strumento di prevenzione del disagio psicologico del bambino con tumore cerebrale.

 

 

Galassiamente. La Stampa
04/06/2010 –
ROSALBA MICELI

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